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Oblivion , un film di Joseph Kosinski

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“OBLIVION”, un film di Joseph Kosinski. Con Tom Cruise, Morgan Freeman, Olga Kurylenko, Andrea Riseborough, Nikolaj Coster-Waldau – Universal 2013.

Pianeta Terra 2077. Siamo davanti a una svolta apocalittica, il pianeta è stato distrutto e invaso da una potenza aliena che si è impossessata della ‘mente umana’ e ha creato innumerevoli ‘cloni’ umani assoggettati al suo ‘volere’ di conquista per estrarre risorse vitali (l’acqua) per la propria sopravvivenza. Jack Harper (Tom Cruise), prescelto per le sue specifiche capacità tecniche di riparatori di ‘droni’ operanti sul nostro pianeta, porta avanti la sua missione che sta per concludersi di lì a poco, quando una infinitesima parte interstiziale della sua memoria cede a un déjà-vu che lo riporta indietro a un tempo ch’egli non rammenta per effetto di una forzata cancellazione, appunto l’oblio cui è destinato. Non esiste un’altra realtà che possa dirsi ‘possibile’ ma noi spettatori sappiamo e non possiamo astenerci dal conoscere, ed è quella del passato, la nostra storia, la nostra singola esistenza: "Se esiste un'anima, é l'amore che condividiamo!". Pertanto il ‘gioco’ (sottile), qui condotto con maestria da Joseph Kosinski, (lo stesso che ha diretto “Tron Legacy” quindi esperto di ‘fantascienza in digital graphic’), si svolge su due piani se vogliamo, entrambi ‘realistici’, e che riguardano l’angoscia vissuta dal protagonista e il post- sconvolgimento di quel che egli crede (e che noi pensiamo) essere la verità su se stesso e sulle cose che in realtà non è. Una coinvolgente e immaginifica rappresentazione della ricerca della verità di un passato che ritorna e, al tempo stesso, una profonda riflessione sulla nostra stessa sopravvivenza. Ma il ‘gioco’ continua e si fa pressante per l’eroe Jack Harper che prosegue il suo lavoro perlustrando gli straordinari cieli da migliaia di metri d'altezza, e noi con lui in immaginifici sconvolgimenti che hanno trasformato la Terra in un agglomerato geologico di materia primordiale e di straordinari avanzi di civiltà (la punta dell’Empire State Building, la Biblioteca Americana finanche la newyorkese Statua della Libertà del ‘Pianeta delle scimmie’ di fortunata memoria). Immensi cieli e canyon terrestri di grande effetto scenografico ch’egli percorre in cerca di dei ‘droni’ caduti e da riparare. È così che Jack intuisce esserci qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella rappresentazione del mondo con il quale si confronta quotidianamente, durante i suoi atterraggi e partenze in luoghi impervi, e la scoperta di una valle rimasta intonsa (non contaminata) dov’egli si rifugia in contemplazione d’una vita che non conosce ma che si rivela essere la sua ancestrale attrazione di vita, quel paradiso terrestre forse abitato prima dell’apocalisse avvenuta. Tale è il motivo che lo angoscia sebbene egli viva una vita ‘perfetta’ sotto la guida di una ‘aliena’ che lo ama fisicamente, (che per questo lo rende schiavo). La sua esistenza crolla quando da uno spacecraft precipitato in cui si imbatte per caso, innesca una serie di eventi che lo costringono a mettere in dubbio la sua ‘missione’. In realtà si tratta del ritrovamento di un’astronave abbattuta dalla potenza occupante in cui vi sono dei sopravvissuti, fra cui una donna ch’egli sa di conoscere: "Però ti ho amata, da quando ne ho memoria. Non so come altro dirlo!", e che nel déjà-vu si rivela essere stata sua moglie, per cui il ‘gioco’ continua sullo scambio d’identità del protagonista che si sdoppia e che vive e lotta in simbiosi con l’altro se stesso, fino ad arrivare allo scontro finale con il ‘potere alieno’ che subisce la piena sconfitta e il ‘clone’ (l’altro Tom Cruise) è annientato. In fine ‘l’uomo’ (umano), recupera la propria libertà, per cui l’umanità è salva e può rigenerarsi.
Sebbene il finale (bucolico all’americana) sia scontato anche come immagini, il film si attesta tra i migliori del genere fantascienza per diversi motivi: la grafica strabiliante e gli effetti speciali apparentemente quasi pre-digitali (ossia molto verosimili) e soprattutto la struttura narrativa della sceneggiatura molto curata (senza sbavature). La ‘attanagliante’ colonna sonora di Anthony Gonzalez of M83 and Joseph Trapanese con l’inserimento del ‘cammeo’ “Whiter shade of pale” dei Procol Arum (1969) che avrei ripetuto in chiusura del film al posto dell’insulsa canzoncina dei titoli di coda. Ritengo inutile fare qui, come altri hanno fatto, una classifica dei film di genere o porre questa pellicola prima o dopo questo o quello, ogni film ha una sua proprietà e un suo messaggio che viene lanciato nello spazio e nel tempo angusto della sua esistenza . Il tempo darà ragione della sua validità e del suo successo, così come è stato per ‘Space Odissey 2001’, e tutti quelli che sono venuti dopo fino ad ‘Avatar’ e allo stesso ‘Trony Legacy’, per non dire di tutti gli altri che stanno nel mezzo a cominciare dallo straordinario e ‘infinitamente grande’ ‘Blade Runner’. C’è comunque una ragione che fa di questo film un ‘ottimo film da vedere’ e non solo per gli appassionati del genere, proprio per il messaggio ormai d’uso della salvaguardia di quei ‘beni comuni’ condivisibili di cui non dobbiamo ‘in alcun modo’ permettere l’appropriazione privata, perché ne vale la nostra libertà e la stessa ‘sopravvivenza’ dell’umanità tutta.
Oblivion Soundtrack details: Audio CD (April 9, 2013) Label: Backlot Music.

 

Così si sono espresse le altre critiche:

 

“L'eclissi della fantascienza” di Dario Zonta - L'Unità
Se anche la fantascienza non ha più immaginazione, allora siamo messi proprio male! Nel suo accedere molesto a tutto quello che è stato immaginato in materia d'apocalisse, Oblivion è il manifesto involontario di questa desertificazione, ultima e definitiva tappa dell'involuzione del post-moderno. La crisi, che si vuole economica, è evidentemente e prima di tutto una crisi dell'immaginario. L'apocalisse su cui da sempre si è favoleggiato, punto fermo posto a debita distanza comedistopico memento, non riesce più a produrre nuovi scenari, nuovi modi per rigenerare antiche paure, per poi disinnescarle nel continuo esercizio scaramantico. »


“Un futuro alla Kubrick per l'acrobatico Cruise” di Alessandra Levantesi - La Stampa
Potrà sembrare curioso, ma Oblivion per certi versi ricorda Wall-E, il bel cartone animato in cui il personaggio del titolo, un piccolo robot programmato per compattare rifiuti metallici, era rimasto l'unico abitante del nostro pianeta, devastato decenni prima da una imprecisata catastrofe. Qui siamo sulla Terra nel 2077; e Jack Harper (Tom Cruise) - di base con la campagna di lavoro Vika (Andrea Riseborough) in una specie di avveniristica torre sospesa fra cielo e terra - è il tecnico addetto alla manutenzione di potenti pompe idriche atte a rifornire d'energia il satellite lunare Titano, dove è emigrata la razza umana in seguito a un'invasione di alieni. »


Tuttavia quella che ho trovato più accattivante perché affronta l’aspetto meno toccato dalla critica cinematografica sul ‘futuro’ del film di fantascienza.
“Il genio di Kosinski riconduce dentro il sistema hollywoodiano la fumettizzazione del cinema d'avventura”, di Gabriele Niola (Internet).
La storia, scritta dallo stesso Kosinski per una graphic novel mai realizzata, è diventata progetto cinematografico dopo l'interessamento di Tom Cruise. Questa genesi aiuta a comprendere molti dei pregi di un film che sancisce la definitiva fumettizzazione del cinema blockbuster statunitense. Dopo il successo e il profluvio (per nulla terminati) di film direttamente tratti dai fumetti, negli ultimi anni tutto il comparto d'azione, anche quello originale, è contaminato da dinamiche, figure e strutture tipiche del fumetto.
La forma della graphic novel è la nuova cianografia su cui raccontare l'eroismo per il grande pubblico e non ne è immune nemmeno il regista di un capolavoro sperimentale come Tron: Legacy, sebbene le invenzioni e l'audacia audiovisiva di quel film qui siano lontane. Oblivion riconduce il genio di Joseph Kosinski dentro il sistema hollywoodiano più canonico e incanala le sue intuizioni fantascientifiche in uno svolgimento più consueto, specialmente per ciò che riguarda la figura del protagonista, il cui carattere e il cui percorso appaiono modellati sul corpo, sui trascorsi e sulla carriera di Tom Cruise.
Benchè non si tratti di un sequel, Oblivion attinge a piene mani dall'immaginario della fantascienza recente. Il protagonista è un Wall-E potente e avventuroso che gira per una Terra distrutta, lavorando come ripulitore, raccogliendo scarti del mondo che fu per riunirli in una casa/museo mentre sogna un domani migliore nelle pause lavorative, a questo sono abbinate suggestioni da La fuga di Logan (il film) e "Modello due" di Philip Dick, aggiornate al loro rimaneggiamento operato in Moon di Duncan Jones. Inoltre, assieme al direttore della fotografia e al designer di Tron: Legacy, Kosinski descrive il suo futuro postapocalittico a colpi di architetture memori di Syd Mead e paesaggi miyazakiani, caratterizzati cioè da una rivolta della natura e una sua riconquista del pianeta in seguito ai postumi della guerra e degli eccessi umani. L'elenco dei riferimenti potrebbe andare avanti a lungo ma per fortuna non è nei debiti che si misura la forza del film. Come la miglior fantascienza Oblivion sfrutta un contesto avventuroso per affrontare la dialettica tra speranze e timori per quelle evoluzioni dell'uomo e del pianeta che è possibile intravedere oggi, e lo fa attraverso il rapporto che egli intrattiene con la tecnologia e le sue possibilità. La visione cinematografica di Kosinski rimane sbilanciata sull'audiovisivo più che sul narrativo, sempre pronta a sacrificare la coerenza e l'inattaccabilità della sceneggiatura per una trovata visiva in più, purtroppo però la "normalizzazione" di questo secondo film porta con sè anche un ribaltamento del pensiero fondante del precedente, un ritorno alla tradizione del genere, ovvero il racconto della lotta per la riconquista della supremazia dello spirito sulla tecnologia. Non viene così portato avanti quel discorso molto più moderno e attuale di riscoperta dell'umanesimo proprio dentro il tecnologico e non in sua opposizione che poneva Tron: Legacy all'avanguardia nel genere.



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